All’autrice importa soprattutto, in questi frammenti autobiografici, lo sviluppo interiore, il significato che certe esperienze belle o difficili della sua vita hanno acquisito in vista delle sue successive decisioni. Questo è addirittura il leitmotiv di tutto il libro, e al lettore quasi si imporrà la necessità di leggerlo in questa prospettiva. Due motivi corrono come un filo rosso nel labirinto degli anni, sin dalla primissima giovinezza: l’irremovibile volontà di diventare medico, e l’altrettanto costante volontà di appartenere solo a Dio, di essere a sua disposizione con tutta la propria esistenza, senza riserve. E solo come una funzione per così dire negativa di questo secondo motivo andrà letto l’atteggiamento di Adrienne – un rifiuto quasi incomprensibile – nei confronti del protestantesimo convenzionale-borghese del suo ambiente, un po’ vuoto e senz’altro con una forte impronta anticattolica.

Adrienne von Speyr non avrebbe cominciato a scrivere questo frammento di autobiografia di sua iniziativa; ma visto che lei raccontava volentieri episodi della sua giovinezza, e considerato che i fatti avvenuti prima della sua conversione mi sembravano imprescindibili per capire la sua esistenza fuori dal comune, le chiesi – sarà stato attorno al 1945 – di darmi un racconto scritto della sua vita, nel quale si potesse cogliere soprattutto il suo sviluppo interiore. Non so per quanto tempo lei abbia lavorato al manoscritto che qui si pubblica – probabilmente fino all’inizio degli anni Cinquanta, ma con interruzioni. Scriveva su grandi fogli, e quando un foglio era pieno lo metteva in un cassetto della sua scrivania; e credo che non abbia mai riletto il testo nel suo insieme. Così sono rimaste qua e là piccole ripetizioni e disomogeneità di stile e di contenuto, di cui in qualche caso ho potuto accorgermi solo dal confronto con la seconda biografia, composta più tardi (Geheimnis der Jugend, nel settimo volume dell’opera postuma; cf. il mio Primo sguardo ad Adrienne von Speyr); ma queste incoerenze non alterano in nulla il quadro d’insieme che i due scritti autobiografici, completandosi a vicenda, concorrono a formare. C’è da aggiungere che ci si può solo stupire della freschezza e dell’esattezza con cui le esperienze dell’infanzia e della giovinezza stanno davanti agli occhi dell’autrice tre o quattro decenni dopo; e della perspicacia con cui ella ha saputo scoprire il senso e il valore che quelle esperienze hanno avuto, o hanno retrospettivamente acquisito, nella grande parabola della sua esistenza.

Dalla Premessa di Hans Urs von Balthasar