Intendere correttamente questo libriccino, sottotitolato «Vocazione e ascesi», è possibile solo se si prescinde dal logoramento che hanno subìto lungo i secoli le parole «ascesi» e «asceta», e si risale a quel momento sorgivo della cristianità in cui per la prima volta alcuni uomini hanno cercato di mettersi al servizio della parola di Dio e di seguirla in modo completo e indiviso. Allora non si rimprovererà a queste pagine di comprendere la vita ascetica, soprattutto nella prima parte, come vita nella chiamata al servizio indiviso, dunque come vita informata dai tre consigli evangelici, e di cominciare accompagnando il giovane, in modo molto serio e molto materno, attraverso quel difficile periodo che va dal destarsi nell’anima della chiamata fino alla grande decisione e alla sua realizzazione. Ogni fase ha una sua specifica forma di ascesi – questa parola è qui sempre intesa nel suo senso cristiano, quello di una realtà che reclama tutta l’esistenza del credente e che proviene interamente dal Verbo di Dio che chiama, e mai come somma di «opere» e «prestazioni» particolari, sebbene la chiamata alla vita ascetica sia sempre anche una chiamata all’azione.

La via che Adrienne von Speyr prende in queste pagine è quella di chi cerca di convincere in forza della totalità. Chi tenga davanti agli occhi il tutto, questo Tutto così enorme, non potrà più opporre un rifiuto per amore di un singolo aspetto. La totalità del cristianesimo è fonte di una tale gioia che nel suo nome si può esigere anche la durezza dell’ascesi. Solo in quanto dà tutto, un tutto divino, Cristo esige: esige dal credente il suo piccolo tutto umano. Il libro vuol essere letto e compreso con lo sguardo fisso su questa totalità.

Dalla prefazione di Hans Urs von Balthasar