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Tutto gli appartiene
Hans Urs von Balthasar
Título original
Tutto gli appartiene
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Temas
Ficha técnica
Idioma:
Italiano
Idioma original:
ItalianoEditorial:
Saint John PublicationsAño:
2024Tipo:
Artículo
Fuente:
Monastica 4 (Civitella S. Paolo/Roma, 1963), 2–4 (tr. rivista per questa edizione elettronica)
Appena Dio viene nel mondo e diventa uno di noi, tutto gli appartiene. Non ha bisogno di prendere, basta la sua presenza di Re «per il quale tutto vive».
«L’agnello immolato sul trono è degno di ricevere potenza, ricchezza, sapienza, forza, onore, gloria e benedizione» (Ap 5,12).
Come si canta in cielo, così si canta ormai sulla terra.
Chi è più povero del neonato che si stringe al seno della sua mamma? E tuttavia egli vi si aggrappa come se quel seno contenesse tutti i tesori della terra.
Entrano i re e depongono ai suoi piedi oro, incenso e mirra, simboli dei tesori della terra che appartengono ormai al Figlio di Dio, ma non altro che simboli. Infatti il Bambino non sa cosa farsene di quei doni che non sono neanche giocattoli. Il latte della sua mamma è ben altro tesoro, è qualche cosa che scaturisce immediatamente dal cuore di lei e ch’egli può immediatamente assimilare.
Il riferimento alla madre umana ci permette di penetrare più facilmente nel mistero cristiano che può sembrare all’inizio duro e inaccessibile.
Appena Dio appare in mezzo a noi, immediatamente, noi uomini siamo detronizzati: tutto infatti gli appartiene, tutti i tesori sono suoi. Ma quando un qualsiasi bambino appare sulla terra la sua mamma gli appartiene, egli può disporne a suo piacimento. E quel meraviglioso latte ch’ella gli offre, non le è soltanto dato per il bambino, ma lo riceve proprio dal bambino stesso: quella ricchezza non ha altra causa, altra ragion d’essere.
E poiché Dio si è fatto bambino, quanto precede non è un semplice paragone, ma la stessa realtà cristiana.
La sua mamma è una madre umana come tutte le altre – con il suo bambino, il suo latte – ed è insieme l’unica Madre dell’unico Figlio di Dio, che disponendo della propria madre dispone di tutti i tesori della terra. Siamo qui nel campo soprannaturale poiché si tratta del Figlio di Dio, e insieme nel campo naturale perché tutto è stato fatto per lui, disposto secondo la natura e l’ordine delle cose.
Perciò non dobbiamo fare storie quando avviene che offriamo al Signore le nostre piccole cose di poco conto e ci mettiamo a sua disposizione. Queste cosette, in se stesse, non hanno nessun valore per lui, come non ne hanno i pomposi e inservibili doni dei Magi – ma forse se la sua mamma si occupa dei nostri doni può farne qualcosa che diverta il bambino o possa in qualche modo essergli utile.
Così la Madre Chiesa riesce a trasformare le nostre pietre dure in liquido amore in modo che il Bambino possa succhiarlo. Scompare il bagliore delle gemme, ma ciò che era soltanto prezioso diventa utile.
Il più povero, quegli che non possiede né oro né mirra, può sempre offrire la sua povertà e il suo amore: nessuno dinanzi a Dio è povero e il più povero può diventare il più ricco.
Non la povertà in sé ha valore, come non ne ha l’oro, ma la povertà ci fa capaci di un amore più grande e può più facilmente trasformarsi in fiotti di liquido amore.
Beati i poveri, non soltanto quelli che non possiedono nulla, ma i poveri di spirito che realizzano la loro essenziale povertà e vi acconsentono. Questa essenziale povertà è triplice: la povertà della creatura indigente di fronte a Dio infinitamente ricco, la povertà del peccatore che ha perduto l’amore di Dio, la povertà del cristiano che è stato spogliato di tutti i suoi beni in favore dell’amore incarnato.
Non è difficile per il cristiano accettare questa triplice povertà e firmare così il proprio atto di resa. In realtà è questo l’unico atto necessario: tutto il resto, ciò che potremmo ancora offrire, foss’anche la più brillante realizzazione in qualsiasi campo, resterebbe inutile e vano.
Vi sono persone che quando fanno un regalo pensano ai propri gusti e alla gioia che proverebbero nel riceverlo. Io vado pazzo per un certo disco di Bach, quindi lo regalo a tutti per Natale. Regalare ciò che più piace può essere anche in qualche modo commovente, ma più commovente ancora sarebbe cercar di conoscere il gusto del destinatario che forse non apprezza ciò che io apprezzo e apprezza forse ciò che io aborrisco.
Dio sembra avere gusti alquanto strani. Oro, incenso e mirra non gli dicono gran che.
Dio non si nutre come certi dei dell’odore delle carni arrostite, lo ha detto Egli stesso. Non infastidiamo dunque il suo odorato con queste cose. Egli vuole qualcosa che possa servirgli: l’amore di quella povertà che gli è familiare, poiché per amor nostro è diventato povero.
Dio, infinitamente ricco, non sa che farsene delle ricchezze e forse (come Rilke sembra presentire nel suo Libro d’ore) nel suo pensiero più intimo preferisce la povertà alla ricchezza. Facendosi uomo e povero fino alla morte non solo ha assunto qualcosa del tutto estraneo a sé ma ha ceduto a un’intima inclinazione del suo cuore.
Dio non sa che farsene del fasto regale come il re Salomone che abbandona i suoi innumerevoli tesori, le mogli e concubine e va nella vigna in cerca della bruna Sulamita … È strano: la Sulamita non si vergogna della sua povertà e neppure l’accentua: si vede amata, questo le basta. Ed è vano chiedersi chi e che cosa sia o potrebbe essere: essa è per lui un incomprensibile tesoro e non vuole privarlo di tanta gioia.
Forse Salomone finge per non essere riconosciuto, per non spaventare la fanciulla, forse tutto questo è per lui soltanto un episodio romantico, eccitante. Ma Dio non finge quando per noi e con noi si fa povero. Egli prende su di sé la nostra triplice povertà, una volta per sempre, irrevocabilmente.
Diamogli dunque ciò che Egli ha già preso e vuole ancora ricevere da noi.
Le nozze nella povertà: ecco la vita cristiana. La Croce è il letto nuziale.
Parlarne è facile, agire è difficile e capirà soltanto chi ha provato…
Dio ce ne dia la grazia.