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La risurrezione in noi
Maddalena si reca in fretta alla tomba con le altre pie donne. Sono spinte a farlo da un’intenzione chiara e comprensibile a qualsiasi persona pia di quel tempo. Occupandosi del corpo del defunto, queste donne agiscono secondo gli usi della loro cultura e del loro popolo. Nei loro gesti c’è sicuramente un tenero amore e una cura per il morto, ma non c’è nulla di simile a una speranza nella sua risurrezione. Anzi, al contrario esse portano appunto erbe e aromi per prendersi cura del morto e riconsegnarlo definitivamente alla sua morte. E mentre attendono a questa loro occupazione – meravigliate che la pietra sia stata rotolata –, il mondo del Risorto comincia a svelarsi. Prima l’angelo della risurrezione dà il nuovo annuncio alle donne spaventate. Poi Maddalena vede il Signore che ha le sembianze del giardiniere. Ella lo vede in piedi davanti a sé, ma l’immagine che ha davanti agli occhi non corrisponde all’idea che ne ha nel suo spirito. Non che qualcosa si opponga in lei alla fede nella risurrezione. Ma questa fede non le è ancora stata donata. E ciò malgrado il fatto che in qualche recesso della sua memoria debba aver conservato le parole del Signore che promettevano la risurrezione. Ma queste parole nella sua memoria sono nascoste, e solo il Signore in persona può riportarle in vita in virtù della sua propria Vita. Ciò che accade a lei e alle donne e poi agli Apostoli è un segno per le generazioni cristiane che verranno. Nessuno può credere – e la fede cristiana è un tutt’uno con la fede della risurrezione – se non in virtù della grazia del Risorto. La sua risurrezione non è una cosa che si possa constatare in modo neutrale. È il Risorto che si dà a conoscere. Che dischiude nella libertà della sua grazia la sua nuova vita. E questa grazia chiama alla vita, e a una risposta viva, la parola della fede nascosta e conservata da qualche parte – ma sinora inaccessibile – nell’anima del credente. Mentre il Signore giace nella tomba, anche la parola della fede rimane sepolta nelle anime, avvolta in bende e come reclusa dietro una pietra tombale sigillata. I discepoli e le donne non sono miscredenti – anche se nel Vangelo si menziona l’«incredulità e durezza di cuore» che Gesù gli rimprovera. Ma la loro fede è come congelata, nella notte della morte si è fatta angusta e rigida. E solo l’incontro con il Risorto fa risorgere anche la loro fede trasformandola nella vita pasquale. Il Figlio è il Verbo del Padre che risorge dai morti alla vita eterna. Ma anche la fede in noi è una presenza del Verbo eterno nella grazia.
Paolo parla ripetutamente del fatto che noi siamo morti e risorti con Cristo. Se non fossimo risorti insieme con Cristo non saremmo in grado di comprendere la risurrezione del Signore. E in ciò sperimentiamo qualcosa di quello che è stato dato di vivere alle donne con l’angelo e a Maddalena con il Signore in persona: anche noi dobbiamo riunire come per la prima volta – e sempre di nuovo! – cose che ci sembrano non poter stare insieme: ciò che credevamo di sapere («Quest’uomo qui è il giardiniere», oppure: «Il Signore è morto, quindi è un morto») e ciò che siamo diventati in verità mediante l’incontro con il Risorto: persone che lo vedono e che parlano con lui o con i suoi angeli. E questa sintesi è il Signore a operarla. Sul piano dell’essere, siamo già inseriti nel suo mondo della risurrezione; e adesso egli accende questa luce dell’essere anche nella nostra consapevolezza – che è rimasta indietro, che è ancora nel mondo del Sabato Santo. Risorgendo ha fatto di noi dei cristiani, e noi dobbiamo realizzarlo.
Ma oggi incontriamo il miracolo del corpo risorto e trasfigurato di Cristo non nella nuda fede, bensì nel miracolo dell’eucaristia. In questo mistero diventa manifesto che il Signore non voleva risorgere per sé stesso, ma per distribuire ai suoi ciò che egli è diventato col risorgere. Egli offre sé stesso, il Risorto, non solo alla contemplazione, come un bel quadro, bensì dona e infonde in noi ciò che egli è. Non dobbiamo soltanto vedere e comprendere, ma anche essere. Come lui ha portato smisuratamente tutti i nostri peccati nel suo corpo, così desidera che partecipiamo smisuratamente al suo stesso corpo. Facendo di noi la sua Chiesa, vuole inserirci nel suo corpo vivo della risurrezione. All’interno di questo corpo, nella sua realtà e nel suo effondersi, si dà la Chiesa, si dà il nostro esserne membri e il nostro scambio d’amore reciproco. Solo così riesce il piano per amore del quale egli si è fatto uomo: riportare al Padre il mondo che si è allontanato da Dio. Egli stesso risorge dai morti, vive corporalmente della vita eterna del Padre e poi dona questa eterna vita corporale alla sua Chiesa.
Naturalmente ci si può limitare a cogliere e assimilare queste verità come formule aridamente teologiche, ma le si può anche comprendere – ed è questo il loro intento –, come un’esperienza del tutto personale, come appunto l’incontro con il giardiniere che poi si è rivelato il Signore in persona – un incontro personale per Maddalena indimenticabile. Ciò è accaduto a lei, e da questa straordinaria esperienza è sorta in lei la fede viva. Questa esperienza personale del nostro essere risorti insieme al Signore – in cui la nostra coscienza e il nostro essere, il nostro essere e la nostra coscienza vengono a sovrapporsi totalmente nella fede ecclesiale – ci è costantemente offerta e riservata in ogni santa comunione. Il corpo che in essa riceviamo contiene il mistero della risurrezione, che non invecchia mai, è sempre giovane ed efficace: la risurrezione desidera agire in noi come il lievito vuol fermentare e far crescere la pasta. Così il Signore che risuscita desidera far crescere in noi ciò che il Padre, quando ci ha creato, ha messo in noi come parola viva, ma che noi col passare degli anni abbiamo sempre di nuovo seppellito. Mediante la risurrezione ci è dato di diventare come il Padre vuole vederci. L’annuncio di Pasqua è un lieto annuncio per tutti coloro che sono chiamati ad essere partecipi dell’evento pasquale. I contemporanei hanno potuto parteciparvi con i sensi, e ciò ha agevolato esteriormente la loro esperienza vissuta; ma interiormente questa esperienza – proprio come per noi – aveva necessariamente bisogno della grazia del Signore che illumina ed eleva. Gli è stato restituito sensibilmente ciò che pensavano di aver perso. Ma noi non riceviamo di meno quando abbracciamo il dono vivo della fede. Sempre di nuovo, noi crediamo di aver perso – forse definitivamente – il Signore per la nostra colpa, la nostra tiepidezza, la nostra incapacità. E sempre di nuovo lui si dona a noi col dono rinnovato di una purezza insperata e che ormai avevamo smesso di attendere. Una purezza che giunge mediante l’assoluzione nella confessione, e che poi viene suggellata dalla santa comunione, la partecipazione all’amore più puro. Si tratta sempre di nuovo di quel miracolo corporale.
Il bambino che si prepara alla prima comunione la attende come qualcosa di straordinariamente grande, come qualcosa che supera già in partenza tutti i nostri limiti, tutte le nostre capacità di comprensione. Quest’attesa cresce fino allo stesso giorno della festa e segna tutta la vita del bambino. Se anche noi potessimo tornare a essere come i bambini per accogliere il Regno dei cieli, per avere fede come desidera il Signore, attenderemmo da parte nostra la festa di Pasqua con la massima riverenza e la più viva speranza. Sapendo che ciò che viene dev’essere qualcosa di illimitato in noi, qualcosa che fa saltare per sempre la pietra tombale delle nostre abitudini e dei nostri concetti irrigiditi e stantii. È per noi che il Signore è risorto, per noi egli fa sì che questo avvenimento rimanga vivo affinché possiamo cibarcene nella sua Chiesa viva. Quella Chiesa che egli stesso ha concepito e fatto esistere a partire dal mistero pasquale.
L’intero l’anno liturgico, con tutte le sue solennità e celebrazioni, le feste del Signore e della sua Madre e dei santi, le ricorrenze della Chiesa o quelle legate ai santuari, ha sempre un solo e unico senso: che il Signore è risorto per andare insieme a noi al Padre, per superare insieme a noi il peso e la gravità del peccato entrando, attraverso la sua morte, nella sua risurrezione.
アドリエンヌ・ フォン・シュパイア
原語タイトル
Auferstehung in uns
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イタリア語
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