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Primo dell’anno: presenza della Croce
ハンス・ウルス・ フォン・バルタザール
原語タイトル
Neujahr
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書籍説明
言語:
イタリア語
原語:
ドイツ語出版社:
Saint John Publications年:
2024種類:
論文
ソース:
Monastica 4 (Civitella S. Paolo/Roma, 1964), 21–23 (traduzione riveduta per questa edizione elettronica)
Il 1° gennaio la Chiesa ricorda la Circoncisione del Cristo.1
«Otto giorni dopo, – dice Luca – il Bambino veniva circonciso e riceveva il nome di Gesù suggerito dall’Angelo al momento dell’Annunciazione» [Lc 2,21].
La Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente disputarono a lungo se la festa di Natale, inizio di un nuovo anno con il quale tutto rinasce e tutto ricomincia, doveva cadere il 25 dicembre o il 6 gennaio. La Chiesa Romana ha poi conservato le due solennità con diversa accentuazione spirituale e, strana coincidenza, proprio tra le due feste, cadeva quella della Circoncisione. Essa ricorda un avvenimento poco importante, una cerimonia che per gli Ebrei era forse piena di significato, ma che san Paolo dichiara superata e sostituita dalla circoncisione del cuore.
La critica storica si pone il quesito se tale cerimonia non fosse già nell’Antico Testamento qualcosa di insignificante o di secondario, probabilmente una semplice misura sanitaria importata dall’Egitto e a cui in seguito gli Ebrei attribuirono un significato religioso e nazionale.
Festa paradossale: Colui che è venuto a perfezionare l’Antica Alleanza dandole un nuovo significato spirituale, Colui che ha detto «la carne non giova a niente, ciò che vivifica è lo Spirito», Colui che si pone al di sopra della legge del sabato con le sue guarigioni miracolose, che rigetta le abluzioni formalistiche dei farisei ed esige da loro la purezza del cuore, egli stesso vuole e deve essere circonciso.
Otto giorni dopo la nascita, il coltello penetrava nella sua carne e faceva scorrere il primo sangue; il Bambino entrava così decisamente in quella via della croce che doveva essere la sua.
San Paolo chiama la circoncisione segno di una promessa realizzata; ma il Cristo è la realizzazione stessa e insieme il superamento del segno.
Eppure egli volle prendere su di sé il sacrificio che non gli spettava: così per la circoncisione, così per la croce, così per la stessa Incarnazione. Egli non è stato come noi gettato quale naufrago dalle onde della stirpe sulle rive dell’umanità individuale. È venuto per decisione propria, spontaneamente, e con l’intenzione di soffrire e di morire. Perciò fin dai primi giorni della sua esistenza terrena si separa dagli altri uomini e prende la strada che vuol risparmiare a noi tutti: ci dona la gioia e prende per sé la sofferenza, ci dona la libertà dalla legge e dalle cerimonie e si piega sotto il loro giogo, ci dà accesso al Padre e si avvia verso l’abbandono del Padre, ci fa figli del Padre facendosi egli stesso schiavo. Si separa da noi per unirci al Padre e a lui.
Questo sconvolgente paradosso che non potremo mai sufficientemente scandagliare è con ragione situato all’inizio di ogni nuovo anno della nostra vita terrena.
Gli auguri di felicità che, com’è d’uso, ci scambiamo in quel giorno resterebbero una semplice cerimonia esteriore se non fosse Cristo a darci quella felicità che scambievolmente ci auguriamo. Egli ce la regala prendendo su di sé la nostra infelicità e appartandosi da noi in solitudine. Ci lascia nella libertà della Nuova Alleanza e sino alla fine prende su di sé la croce dell’Antica. Che strana religione! Sarebbe infatti incomprensibile e deludente se ci si fermasse qui. Ma non porta egli ogni novità portando sé stesso? E quando porta sé stesso, come non porterebbe al tempo stesso la sua croce? E come noi potremmo lasciarlo solo nella sua via crucis?
Eppure tutto ciò che tentiamo per aiutarlo a portare la croce arriva sempre troppo tardi; è lui che ha voluto così e in modo assoluto.
L’abbandono di Dio fino alla morte, fino alle pene dello sheol, è già stato sofferto e stabilito come pietra angolare e chiave dell’intero edificio di Dio. La morte del Logos è il primo assioma di tutta la logica cristiana e il primo assioma costituisce sempre il filo conduttore di tutte le proposizioni che se ne deducono.
Ogni corsa del nostro amore che cerca di essere presente per alleggerire e sollevare la croce del Cristo, non potrà mai intaccare il fatto essenziale che egli ha sofferto l’abbandono di Dio.
Ma può l’amore rinunciare a questa corsa? Può l’amore quietarsi in questo pensiero: egli ha sofferto al nostro posto, a noi dunque di rallegrarci con riconoscenza? Può bastare questo all’amore? No, l’amore vuole e deve essere presente. E poiché questo è in nostro potere, chiediamo al Signore di versare nel calice della nostra sofferenza ciò che è bene per noi. Questa passione e compassione è d’altronde pura grazia, non è opera dell’uomo ma dono di Dio, risposta riconoscente del Signore al tentativo dell’uomo di mostrargli la sua gratitudine. La nostra sofferenza e compassione, per quanto penose, non sono tuttavia un vero dolore perché tutta la sofferenza è stata assunta sulla croce dal Signore e trasformata in una nuova realtà.
«Stimate, fratelli miei, vero gaudio, le prove alle quali siete esposti» (Gc 1,2), e san Pietro:
«Ma se dovete patire facendo il bene, e lo sopportate, ciò è gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, poiché anche Cristo patì per voi, lasciandovi l’esempio, affinché ne seguiste le orme» (1 Pt 2,20-21).
«Se venite insultati per il nome di Cristo, beati voi, perché lo Spirito della gloria e della potenza, lo Spirito di Dio riposa sopra di voi» (1 Pt 4,14).
Così l’anno nuovo porta al cristiano soltanto gioia, soltanto gloria. Anche quando porta la sofferenza – che possiamo e dobbiamo pur dolorosamente risentire – si nasconde in questa prova dolorosa il nocciolo della vera gioia e della vera gloria, indubbiamente nascosto, ma la fede in Dio e nella sua misericordia redentrice può farcelo profondamente avvertire.
Auguriamoci l’un l’altro la vera felicità: non è soltanto una frase per consolarci del nostro duro destino: se lo vogliamo, può essere fin d’ora la più efficace realtà.
Preghiamo gli uni per gli altri nella grazia di Dio.
- Dal 1961 la denominazione liturgica della festa ha perso il riferimento alla circoncisione, divenendo semplicemente l'ottava di Natale; con la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II la festa è stata intitolata a Maria Santissima Madre di Dio, mantenendo però la lettura del passo evangelico della circoncisione di Gesù (che avviene appunto otto giorni dopo la nascita). [NdR]↩